Anche per l’acne sembrano aprirsi nuove possibilità di prevenzione e cura attraverso l’immunologia che si occupa di trovare relazioni tra microrganismi e difesa dell’organismo. Questo problema, spesso sottovalutato, può significare un grande impatto sulla qualità di vita di chi ne soffre. Sovente se ne dà la colpa ad un’alimentazione poco sana, invece patatine fritte, salame o cioccolato (che in ogni caso vanno mangiati con moderazione), non c’entrano con i brufoli che fioriscono sulla pelle dei più giovani e non di rado anche degli adulti. Tutto ha origine da stimoli ormonali che provocano un’eccessiva produzione di sebo nelle ghiandole a livello dei follicoli piliferi. Questo, insieme ad eventuali detriti cellulari, formano un tappo che chiude i follicoli, facendoli sporgere sulla superficie cutanea. Comedoni e punti neri, se schiacciati senza adeguate precauzioni, conducono verso la fase successiva: i batteri che normalmente vivono sulla pelle, vanno ad infettare i pori interessati dai comedoni provocando una reazione infiammatoria. Tra i germi che possono infettare la cute c’è il Propionibacterium acnes, il quale su una pelle sana è innocuo, ma se resta intrappolato in un poro chiuso da sebo o sporco, accende una reazione infiammatoria. In mancanza di ossigeno, questo batterio trasforma il sebo in acidi grassi, i quali a loro volta impediscono l’attività di alcuni enzimi e cellule della pelle.
Tenere la pelle sempre ben pulita è la prima regola per chi soffre di acne, anche se non sempre basta. I batteri infatti si associano tra loro per formare pellicole sottili, aderenti alla pelle, dette “biofilm”, quindi non è proprio opportuno aggredire questo microrganismo, dato che alcuni suoi ceppi apportano dei benefici per la pelle. Ora che si è scoperto come il batterio scatena l’infiammazione, ci si augura che vengano messe a punto nuove terapie entro qualche anno. Nel frattempo è consigliabile utilizzare i prodotti già disponibili in farmacia o consigliati dai dermatologi, evitando metodi “fai da te”.