Mesia
In questo tempo di attesa del Natale, in tanti ricordano la natività di Gesù Bambino attraverso il simbolo più conosciuto nella tradizione cristiana: il presepe. Il termine ha radice latina “praesepes”, cioè un luogo con un recinto intorno.
In Italia, il primo ideatore fu San Francesco d’Assisi, che nella notte del 1223 volle riproporre la scena della natività presso Greccio (Rieti) in un modo nuovo. Fu cercata una grotta in un bosco per collocarvi un bue e un asinello accanto ad una mangiatoia piena di fieno. Nacque così il primo “presepe vivente” e ancora oggi numerose località della nostra penisola ne rinnovano la memoria nel periodo natalizio.
Nel Settecento si sviluppò una vera e propria arte nella scultura di presepi, che diede vita ad importanti tradizioni di allestimenti presepiali. Le grandi tradizioni presepistiche sorsero in particolare a Napoli, Genova, Bologna, aprendo anche la diffusione di presepi nelle case. A Napoli, ad esempio, si “gareggiava” tra famiglie su chi lo possedeva più bello e sfarzoso. I nobili mettevano a disposizione intere camere perché si potessero realizzare, addirittura ricoprendo le statuine con tessuti pregiati e gioielli autentici. A Bologna, nello stesso periodo, si istituì la Fiera di Santa Lucia proprio per la vendita di personaggi prodotti dagli artigiani del luogo e che ancora oggi, dopo due secoli, viene replicata ogni anno. Sempre nel Settecento iniziò anche la tradizione di allestire i presepi nelle chiese. Successivamente, tra Ottocento e Novecento, il presepe giunse nelle abitazioni borghesi e del popolo, diventando il fulcro attorno a cui si vivono le festività del Natale.
Nel 1969, durante l’Angelus del 21 dicembre, Papa Paolo VI benedisse per la prima volta le statuine del Bambino Gesù e i presepi: <<Fra i tanti preparativi, guardiamo con compiacenza a quelli che compongono i presepi…>>.
Come prodotto culturale, il presepe si è però diffuso globalmente, con varianti relative alle diverse culture, per lo più a quelle europea e del resto del mondo, in particolare Spagna, Provenza, regioni germaniche, est europeo e poi America Latina e Africa.
La tradizione dell'albero di Natale ha origini addirittura celtiche, in quanto veniva associato alla nascita del Bambin Gesù ed alle celebrazioni in uso per il solstizio d'inverno. Per il Cristianesimo invece l'abete è simbolo di Cristo e della Chiesa. Nella Bibbia, infatti, l'albero è presente in svariati punti e con significati differenti: si pensi all'Albero della Vita che sorge accanto all'Albero della Conoscenza del Bene e del Male, nel Paradiso Terrestre, in grado di salvare l'uomo dalla morte (Genesi 2.9), o ancora all'Albero della Croce (consistente nella raffigurazione della Croce come un albero) o infine all'albero di Jesse (Isaia 11,1-2), che rappresenta l'albero genealogico di Cristo, a partire da Jesse, padre del re Davide; nell'iconografia Jesse appare dormiente e dal suo fianco o dal suo dorso, nascerebbe uno schema arboreo, indicante la genealogia di Cristo trionfante.
In Italia la Regina Margherita, nella seconda metà dell'800, fu la prima ad ornare un albero per il Natale al Quirinale e da qui poi si diffuse in tutto il nostro Paese. Oggi tale tradizione ha assunto un carattere notevolmente commerciale, soprattutto per gli addobbi. Si pensi alle sfere (più comunemente indicate come palline), la cui forma può essere anche a campanella, a pigna o ancora ai fiocchi di tessuto, ai festoni, ai fili di luci elettriche ed intermittenti. Sulla sommità di solito si appone il cosiddetto puntale dello stesso colore delle palline, a forma di stella, per ricordare la stella cometa. Sono maggiormente addobbati gli alberi artificiali, non soltanto di colore verde, ma anche bianco e di solito essi sono approntati il giorno 8 dicembre (Immacolata Concezione) e rimossi dopo l'Epifania. Tradizione vuole che ai piedi dell'albero siano man mano sistemati i doni che poi si apriranno il giorno di Natale. L'albero accanto al presepe è il simbolo più diffuso delle festività, anche per i cattolici.
Giovanni Paolo II diceva: "in inverno l'abete sempreverde diviene segno della vita che non muore".
ll mirto, detto anche mortella (Myrtus communis L.), fa parte della famiglia delle Mirtaceae. Tipico della macchia mediterranea, cresce nelle zone marine, ed è distinto in bianco e nero a seconda delle foglie. Alto da 2 a 4 metri, è un arbusto con foglie ovali e glabre, ha fiori solitari, bianchi, larghi poco più di un cm. Il frutto è una bacca nera lunga quasi un cm., larga poco meno.
Il mirto fiorisce da maggio a luglio, mentre i frutti compaiono a fine autunno. Pianta dalle molte proprietà, ha foglie ricche di tannino ed olio essenziale; gli vengono attribuite proprietà diuretiche ed antisettiche per l’apparato urinario, cicatrizzante per piaghe e bruciature, utile per infiammazioni delle mucose, contro la caduta dei capelli e sudorazione eccessiva. E’ sempre stato coltivato, sin dall’antichità, per scopi alimentari come aroma per la selvaggina e come ornamento per formare siepi. La Sardegna e la Corsica lo utilizzano per il confezionamento di liquore e vini.
Nella mitologia greca, il mirto compare come pianta sacra a Venere, spesso rappresentata con una corona di rametti di mirto sul capo; presso gli antichi Romani, se ne faceva uso per ornare vie e piazze e nell’Antico Testamento viene citato perché se ne formavano ghirlande da offrire alle giovani in occasione delle nozze. Il Medioevo vide l’utilizzo dei fiori per ricavarne profumi, che attraverso un processo di distillazione, cedeva un’essenza detta “acqua degli angeli”. Infine, utili anche nel settore della coloreria, le sue bacche erano impiegate per tingere di nero le stoffe o come inchiostro per scrittura.