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La Sindone

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La Sindone, termine greco che deriva da “sindon”, parola anticamente usata per indicare un lenzuolo o un ampio pezzo di stoffa, è un telo rettangolare di lino, che si presenta di colore giallastro e misura 4,36 metri di lunghezza per 1,10 di larghezza. Lo spessore del tessuto è di 34 centesimi di millimetro ed è piuttosto consistente, anche se non ne viene pregiudicata la morbidezza. Di manifattura rudimentale, il lino utilizzato per la sua realizzazione è stato filato a mano. L’intreccio del tessuto è irregolare e indica che il tessuto è stato lavorato con un telaio piuttosto semplice. Controversa, ma popolarissima reliquia, la Sindone avrebbe avvolto il corpo di Gesù dopo la morte: sono i segni lasciati sul telo a descriverne l’attribuzione. L’uomo “impresso” è stato flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi e il suo costato è stato trapassato da una lancia. Oltre all’immagine di un uomo, sul lino sono visibili tracce di sangue corrispondenti alle ferite del corpo e piccole impronte lasciate da monete, fiori e scritte. L’impronta del corpo appartiene ad un uomo non anziano con barba folta e capelli lunghi, dalla struttura salda e muscolosa. Il cadavere, deposto su metà lenzuolo, ha lasciato due impronte. Il telo era stato fatto passare al di sopra del capo e quindi adagiato sul corpo fino all'altezza dei piedi. Come si è formata quest’immagine? Secondo i risultati scientifici, non risulta prodotta con mezzi artificiali. Non è un dipinto o una stampa, perché sulla stoffa è assente qualsiasi pigmento. Cosa significa? Vuol dire che se si trattasse di un dipinto, l’autore avrebbe dovuto utilizzare un pennello con un’unica setola e con questa colorare ogni singola fibra di lino. L’ipotesi sulla formazione dell’immagine avanzata da qualcuno, è quella di un lampo di energia che si attenua con la distanza tra il corpo e il lenzuolo. Le parti del corpo a contatto con il telo sono infatti più marcate, mentre lo sono di meno quelle che non vi erano accostate. Per comprendere le difficoltà di spiegare l’origine dell’immagine, basta soffermarsi sul volto: i lineamenti non corrispondono a quelli che si otterrebbero dall’impronta di un lenzuolo avvolto intorno al capo e al corpo di un uomo, perché ne risulterebbe allargata e deformata. Negli anni ’80 vennero svolte delle indagini per attribuirle una data utilizzando il radiocarbonio. Emerse una datazione di epoca medievale, che dunque indicherebbe che la Sindone sia un falso. Ipotizzando che il telo sia un manufatto d’epoca medievale, un abilissimo falsario lo avrebbe cosparso con pollini di provenienza mediorientale e con tracce di aloe e mirra, nonché “spolverato” con un tipo di carbonato di calcio come quello ritrovato in alcune grotte di Gerusalemme, sarebbe riuscito a procurarsi due piccole monete coniate nel 29 d.C. da mettere sugli occhi del cadavere, le cui tracce si sono riscontrate sulla Sindone. Inoltre, in epoca medievale, nessuno poteva avere le conoscenze archeologiche e storiche sulle modalità della flagellazione e crocifissioni romane. L’autore dell’eclatante “falso” avrebbe poi dovuto immaginare o prevedere l’invenzione del microscopio, avvenuta alla fine del XVI secolo, per poter aggiungere elementi invisibili ad occhio nudo.


Fin dal secolo VII si parlava della Sindone conservata prima a Gerusalemme, poi a Costantinopoli. Nel medioevo molte città europee affermavano di possedere quella vera: il telo in questione che risulterebbe autentico, è conservato dal 1578 nel Duomo di Torino. Più si compiono indagini, più si dimostra una finestra aperta sul mistero. Più si analizza, meno si è in grado di spiegare come si sia formata l’immagine di quell’uomo alto 1,78 m. Un testimone muto, ma per alcuni tratti sorprendentemente eloquente.

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