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La pianta del caffè

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Dal turco Kahvé, risalente all’arabo qawha (bevanda stimolante), è una pianta originaria della regione del Caffa in Etiopia, dove cresceva spontanea. A partire dal XVIII secolo, i maggiori Stati europei ne diffusero la coltivazione nelle colonie africane, asiatiche e americane, ottenendo risultati favorevoli in Brasile che divenne il maggior produttore.
Nelle piantagioni viene mantenuta ad un’altezza di circa 2,5 m., ma può raggiungere i 10 m.; a ramificazione biforcuta, presenta foglie semplici, ovate, fiori bianchi e profumati a forma di imbuto, raccolti a grappolo sotto le foglie. Il frutto è una drupa rossastra, simile a una ciliegia, che contiene uno o due noccioli, ciascuno dei quali custodisce un seme con una faccia convessa e l’altra piana e solcata. Il clima ideale per la coltivazione di questa pianta, si trova nelle regioni comprese tra i due tropici: sono necessarie terre poco ventilate, acide, ricche di humus con temperatura media che oscilla tra 20 e 30 gradi, piovosità abbondante, ben distribuita e moderata esposizione al sole. La produzione dei frutti ha il suo inizio nel quarto anno di vita della pianta, per poi aumentare con gradualità fino a raggiungere il massimo verso l’ottavo anno, dopodiché si mantiene costante fino al dodicesimo. In seguito, il prodotto diminuisce, per cui, anche se la pianta del caffè dura all’incirca trent’anni, il periodo produttivo di coltura risulta inferiore. E’ stato stimato che ogni anno, un alberello nel suo periodo fecondo offre circa 1kg. di prodotto commerciale. Dopo che è stato colto, deve essere messo in lavorazione entro quattro o cinque ore per evitare che fermenti e quindi inacidisca. I metodi di lavorazione sono a secco o a umido: col primo il frutto viene disteso al sole e lasciato seccare fino a formare un guscio duro e coriaceo. I grani seccati vengono poi decorticati, puliti e classificati secondo la grossezza. Nel procedimento a umido, il caffè viene raccolto in grandi serbatoi in cui l’acqua trasporta i frutti attraverso particolari setacci e tenuti per trentasei ore nelle pile di fermentazione per asportare i residui zuccherini. Dopo l’essiccamento si procede con la torrefazione, insufflando aria calda: il tempo di permanenza ne determina il gusto.
La bevanda preparata per infusione si diffuse dai Paesi arabi, in tutto l’Oriente e quindi in Occidente, con la prima tappa a Venezia. Sorsero così locali pubblici per sorbire la bevanda che nel Settecento e Ottocento furono luoghi di ritrovo e di vita culturale e politica. Il caffè ha azione stimolante sul sistema nervoso centrale e sull’apparato circolatorio a causa della caffeina ed è quindi controindicato nelle malattie gastriche ed intestinali.
In commercio si trova in grani o macinato, ma anche prodotti sottoposti a speciali trattamenti, come il caffè solubile, che si scioglie immediatamente in acqua calda; il caffè liofilizzato, che risulta molto più diluibile del normale caffè in polvere, mantenendo abbastanza inalterati aroma e gusto; il caffè decaffeinato, privo di caffeina, allo scopo di eliminare le caratteristiche sostanze nervine originarie; il caffè d’orzo, preparato con la polvere ottenuta dalla macinazione dei semi di orzo.

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